Pubblicato il 02/04/17 da Neko Polpo

Torment: Tides of Numenera – Everybody’s changing

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Gli ultimi anni sono stati un periodo fantastico per tutti gli amanti degli RPG isometrici. Grazie a titoli come Divinity: Original Sin, Pillars of Eternity (sono già in trepidante attesa per il Deadfire), Tyranny e le varie Enhanced Edition sia di Baldur’s Gate che di Icewind Dale, il genere dei CRPG è tornato prepotentemente a farsi sentire sul palcoscenico del gaming, in particolar modo su PC. Considerando il legame affettivo che ho con questo genere, di cui mi innamorai anni e anni fa grazie a Baldur’s Gate II: Shadows of Amn, aver la possibilità di scegliere fra così tanti titoli di eccellente qualità mi scalda il cuore, soprattutto se si considera quanto l’RPG isometrico fosse stato relegato nel dimenticatoio prima del 2014.

Considerato quanto detto precedentemente, non ho potuto fare a meno di fiondarmi il prima possibile su Torment: Tides of Numenera, sia per l’importante nome che porta sulle sue spalle, in quanto erede spirituale dell’immortale (letteralmente) Planescape: Torment (di cui è stata annunciata la Enhanced Edition in uscita l’11 aprile N.d.R.), acclamato da molti come il migliore CRPG di sempre, sia perché avevo molta fiducia nella casa di sviluppo che ha curato la creazione di questo titolo, la inXile Entertainment, che già conoscevo grazie a un altro isometrico, Wasteland 2. Senza considerare la mia profonda curiosità nei confronti dell’ambientazione scelta dai developer per questo titolo: Numenera, un eccentrico mondo tra lo sci-fi e il fantasy, ricco di tecnologie inspiegabili provenienti da innumerevoli civilizzazioni oramai scomparse. Dopo anni di Forgotten Realms e di altri mondi squisitamente high fantasy, non vedevo l’ora di esplorare il setting creato da Monte Cook in chiave videoludica. Finalmente un po’ di varietà!

Dopo aver completato il titolo ed essermi preso qualche giorno di riflessione (capirete a breve il perché), sono finalmente pronto a dire la mia sull’ultima opera partorita da inXile. Ma prima, devo farvi due piccole premesse. La prima: non ho mai giocato Planescape: Torment. Se i più zeloti fra di voi mi stanno tacciando di eresia, fate bene: è una grave mancanza. Ciononostante, credo che questo mi permetterà di avere un occhio critico più obiettivo nei confronti di Tides of Numenera, in quanto non sono influenzato da nessun legame col suo predecessore spirituale. Il secondo disclaimer riguarda la campagna Kickstarter che ha finanziato il titolo: terrò conto di quanto promesso dagli sviluppatori durante la campagna nel mio giudizio finale. Nonostante io abbia potuto giocarlo grazie a una copia preview, sono piuttosto sicuro che chi legge fra le nostre righe debba pagare per il titolo (a maggior ragione se è addirittura un backer) e non ho potuto fare a meno di notare alcune discrepanze tra quanto dichiarato da inXile durante la campagna di finanziamento e il prodotto finito: il che, per un titolo finanziato tramite crowfunding, è un elemento che necessita considerazione.

Terminate (finalmente!) le doverose premesse, finalmente posso cominciare. Benvenuti nel Nono Mondo, la vostra avventura comincia… In caduta libera.

Un criptico testo accompagnerà la vostra letterale caduta sul Nono Mondo.

Torment: Tides of Numenera catapulta il giocatore, senza se e senza ma, nel mondo di gioco, senza i classici preamboli caratterizzanti la maggior parte degli RPG, come ad esempio la creazione del personaggio e cutscenes introduttive. A seguito della rovinosa caduta che introduce il gioco, vi risveglierete inspiegabilmente in un mondo metafisico fatto di strani esagoni mobili che compongono il suolo della location e da uno strano liquido brillante che gocciola dal soffitto. Come se non bastasse, il protagonista non ricorda nulla della sua vita passata, pur essendo un uomo adulto. Per aggiungere il danno alla beffa, una strana voce vi guiderà, incoraggiandovi a interagire con l’ambiente, dove affronterete dei supposti ricordi di vite passate e selezionerete come sono state affrontate le problematiche in questi ricordi, ad esempio se con l’intelligenza o tramite la forza bruta. Potreste pensare che stia descrivendo la scena che dimostra la totale follia degli sviluppatori (e in parte avreste ragione), in realtà avete davanti la creazione del personaggio più originale di sempre, dove il gioco vi proporrà una delle innumerevoli possibili versioni del vostro alter ego, delineandone classe, abilità e personalità, le quali in coro influiscono sulle potenzialità del personaggio. Potrete ovviamente ignorare il tutto e personalizzare a vostro piacimento il vostro alter ego una volta completato questo piccolo trafilo, ma sinceramente lo trovo piuttosto poco in linea con lo stile del gioco, pesantemente incentrato sul dialogo e sulle scelte del protagonista.

Devo ammettere che la scelta inusuale degli sviluppatori di collegare la creazione del personaggio a uno pseudo-tutorial/introduzione mi ha particolarmente colpito, risultando a mio avviso funzionale e coerente con l’ambientazione, ma qui si incontra la prima magagna: le opzioni di personalizzazione sono quasi assenti. 3 classi disponibili, circa una decina di personalità (non lasciatevi ingannare dal nome, sono elementi di gameplay vero e proprio), assenza di personalizzazione del modello e dell’immagine del protagonista e un numero esiguo di skill disponibili sono features innegabilmente al di sotto degli standard del genere.

Dopo questo breve ma necessario inciso, torno a focalizzare la mia attenzione sulla trama, vero punto forte di questo titolo. Il giocatore scoprirà di interpretare l’ultimo di una stirpe denominata Castoffs: essi, come suggerisce il termine, sono corpi di scarto di un uomo conosciuto ai più come The Changing God, un brillante esperto di tecnologia che ha scoperto come prolungare la sua vita ingegnerizzando nuovi corpi per sé stesso attraverso l’utilizzo dei Numenera, artefatti dai più svariati poteri lasciati dalle innumerevoli civilizzazioni antecedenti a quella attuale. Spesso però l’utilizzo di tali strumenti ha un prezzo da pagare, una sottospecie di effetti collaterali. L’effetto collaterale del processo di creazione di questi corpi è che, una volta abbandonati dall’eccentrico Changing God, essi sviluppano una mente e una personalità propria, diventando così i Castoff, appunto. L’intreccio si sviluppa proprio intorno al rapporto conflittuale che i Castoff hanno con il loro padre, unito alla misteriosa presenza di una creatura mostruosa denominata The Sorrow che sembra voler sterminare l’intera progenie del Chaning God. Aggiungiamo al mix il fatto che l’uomo dai mille aspetti è attualmente disperso e avremo un bel mistero da districare.

L’intero arco narrativo si sviluppa in 4 diverse aree, tutte ricche di dialoghi da leggere e da quest da affrontare. Di roba da fare, seppur in aree molto piccole, ce n’è. Il principale difetto di un ambiente così intimo è che la longevità ne risente: ho completato Torment: Tides of Numenera in circa 32 ore. Decisamente poche, per gli standard a cui ci hanno abituato altri CRPG. Per darvi un metro di paragone, uno dei salvataggi che mi sono rimasti di Pillars of Eternity, dove ho finito il gioco vanilla, affrontato completamente l’Eterno Cammino di Od Nua e parte del primo DLC, ha un conteggio ore pari a 160. Una gran bella differenza.

Ecco a voi The Sorrow in tutto il suo sinistro splendore.

Purtroppo la longevità non è l’unico difetto di questo titolo: uno dei più grossi nei dell’ultima creatura della inXile è rappresentato dall’intera meccanica di crescita del personaggio e utilizzo delle abilità, in particolar modo in combattimento. La prima impressione che ebbi del sistema fu, al contrario di quanto ho appena affermato, molto buona: ogni membro del party possiede un pool di punti suddivisi in 3 caratteristiche: Might, Speed e Intellect, dalle quali dipendono un certo numero di abilità come ad esempio Smashing, dipendente da Might, o Mechanical Lore, dipendente da Intellect, in maniera non molto dissimile da quanto avviene in Dungeons&Dragons (mi riferisco alla terza edizione), sebbene in quel caso le caratteristiche siano 6 e le abilità di gran lunga più numerose. Il pool di punti nelle 3 caratteristiche base  rappresenta quanto il personaggio possa sforzarsi al di là delle sue normali capacità per riuscire in un determinato compito e si può ricaricare solo attraverso il riposo, in maniera non molto dissimile al sistema di Endurance e Health di Pillars of Eternity, studiato per far sì che il giocatore sia, prima o poi, obbligato a riposare a causa dell’esaurimento di risorse non recuperabili altrimenti. Peccato che, dopo alcune ore di gioco, il fascino di questo sistema cada a terra come un castello di carte.

Il sistema è infatti facilmente abusabile. Sebbene nelle prime fasi di gioco spendere troppi punti può avere spiacevoli conseguenze; considerando che, in linea di massima, riposare ha un costo e affrontare un eventuale combattimento senza punti disponibili può essere un vero problema, più si va avanti nel gioco più ogni prova di abilità diventa un successo quasi automatico. Per capire perché vi descrivo in breve come funziona il tutto: ogni prova, che sia fuori o all’interno di un combattimento (leggasi attacchi), ha una chance base di riuscire nel suo intento descritta da una percentuale, determinata in base alle abilità del protagonista. Ad esempio, un Glaive (la classe marziale del gioco) incentrato sull’utilizzo di armi pesanti e con un grosso pool di Might, avrà non pochi problemi a comprendere il funzionamento di un artefatto vecchio di millenni, a differenza degli intelligenti Nano, potenti spellcaster e sagaci conoscitori della storia del Nono Mondo. Oltre alla chance base, il giocatore può spendere punti per aumentare le chance di riuscita, fino ad un massimo determinato dalla tier (i livelli sono per i pezzenti) del personaggio in questione. Il problema che mina alla base questo sistema è il fatto che nel corso del gioco il mio alter ego, un Nano, a accumulato una quantità disumana di punti intelletto, che mi permetteva di spendere e spandere per ogni singola prova, lasciando fare ai miei compagni le prove più dipendenti dal fisico. Come se non bastasse, un ultimo elemento ha definitivamente demolito la già traballante struttura dello skill system di Torment, chiamato Edge. Questa meccanica permette al giocatore di far sì che, per ogni prova dipendente da una delle 3 caratteristiche, un punto di Effort sia speso gratuitamente, aumentandone le chance base di riuscita. Purtroppo, l’Edge stacka additivamente. Di conseguenza, i miei 2 Nano risolvevano qualsiasi interazione sociale (le prove di carisma si basano su intelletto) o di pura intelligenza senza nemmeno spendere un punto, mentre il Glaive del party maciullava eventuali resistenze armate. Mi piange il cuore dover parlar male di un sistema interessante come quello di Torment, ma già dalla seconda tier ha dimostrato di avere una difficoltà estremamente mal calibrata. Un vero peccato.

Ovviamente, visto che i tiri di abilità si applicano anche alle prove per colpire i nemici, questo difetto è esteso anche ai combattimenti, chiamati dal gioco Crisi. Perché la scelta di questo nome bizzarro? Il motivo risiede nel fatto che la maggior parte dei combattimenti possono essere risolti anche metodi differenti dall’eliminare tutti i nemici, a differenza di quasi tutti gli altri esponenti del genere CRPG, dove, una volta iniziato lo scontro, non c’era più via di scampo: vittoria o morte. Come se non bastasse, alcuni combattimenti richiedono un’interazione diversa dal semplice “picchia picchia”, il che è motivo di apprezzamento da parte di un giocatore veterano del genere come me. Purtroppo, questo unico elemento di merito non può farmi dimenticare tutto il resto: oltre ai suddetti problemi dello skill system, aggiungete anche un interfaccia poco intuitiva, un sistema di movimento macchinoso e poco funzionale, senza contare ancora una volta la poca varietà degli skill set disponibili ai vari elementi del party, che rendono il combattimento poco variegato. In un sistema di combattimento strategico a turni, la scarsa varietà è una pecca imperdonabile, a mio avviso.

Inizia il combattim… Emh, la Crisi.

Purtroppo non ho finito con le critiche: i companion, sebbene abbiano dialoghi interessanti, tendono ad avere poco impatto sulla storia rispetto alla figura del protagonista, in questo titolo eccessivamente dominante rispetto agli altri membri del party. I dialoghi doppiati sono molto pochi, in misura inferiore a quelli di Pillars of Eternity (purtroppo il paragone è inevitabile anche se son due titoli estremamente diversi). I vari Numenera, oggetti consumabili dai potenti effetti, sono praticamente ignorabili anche a difficoltà elevata se si gioca con attenzione. Per non parlare poi degli elementi promessi dagli sviluppatori ma mai realizzati: localizzazione italiana, crafting dei Numenera, Codex interattivo e almeno 3 companion in più rispetto ai 6 presenti nel gioco. Sebbene inXile abbia già promesso che li inserirà in futuro tramite patch, rilasciando il gioco in questo stato monco e non terminato ha tradito il rapporto di fiducia tra developer e consumatori alla base delle campagne Kickstarter. Uno stretch goal, se raggiunto, va rispettato, fine della questione. Posso comprendere che sicuramente ci saranno state delle ottime motivazioni per le quali non sono riusciti a rispettare quanto promesso, ma ciò non toglie che non posso ignorare il fatto in un’analisi di un titolo di questo genere.

Concludendo, durante l’introduzione ho scritto come io abbia necessitato di qualche giorno di riflessione prima di scrivere questa recensione e vi starete chiedendo il perché. Il motivo è molto semplice: avevo enormi difficoltà a parlare dei difetti di questo gioco, sebbene sentissi che era necessario farlo. In pratica: volevo farmi piacere Torment: Tides of Numenera a tutti i costi. Il gioco, nonostante i suoi difetti, mi ha divertito e ha delle basi eccellenti, degne di un piccolo capolavoro. Peccato che la realizzazione non riesca a tenere il passo con la trama e alla ambientazione di prim’ordine.
Il titolo ha sicuramente del potenziale e se la inXile farà lo sforzo di migliorare e rifinire i punti deboli, potrebbe sicuramente diventare un must-buy per gli amanti del genere. Fino ad allora, a meno che non siate fanatici dell’ambientazione di Numenera, non posso far altro che bocciare, a malincuore, Torment: Tides of Numenera.

Potenziale non sfruttato

  • Trama
  • Ambientazione surreale
  • Tanti dialoghi molto ispirati

 

  • Companion dimenticabili
  • Sistema di crescita sbilanciato
  • Combat System da rivedere
  • Molti glitch e bug
  • Scarsa personalizzazione

NekoPolpo - Biografia

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