Pubblicato il 05/11/15 da Neko Polpo

Tales of Zestiria: la dura vita del Redentore

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L’eterna lotta tra bene e male, si sa, è un concetto ormai riciclato all’inverosimile, ciò nonostante ancora saturo di fascino e pronto a tutte le possibili interpretazioni. Non è un caso, quindi, se spesso si tende a puntare sul “classico”, sfiorando lo stereotipo il più delle volte (o addirittura centrandolo in pieno) e ricorrendo ai soliti cliché triti e ritriti, pur di accaparrarsi utenza e vendite. C’è poi chi ama distinguersi, rimescolando a suo piacimento la formula di cui sopra ed elevandosi dalla massa non per mirabolanti innovazioni o aggiunte, ma per la capacità di mettere sotto nuova luce concetti che altrimenti sarebbero potuti risultare poco interessanti e banali.
Perché sto scrivendo ciò? Perché Tales of Zestiria, come il suo protagonista, sta nel mezzo: da un lato rimane immobile su quelle che sono le basi del genere e della saga, dall’altro presenta un buon numero di novità che lo svecchiano, allontanandolo quel minimo che basta dal “JRPG classico”, senza sfociare in forzatissime rielaborazioni, come successo, ad esempio, con l’ormai ben noto Final Fantasy XIII.

Elysia, un villaggio sperduto e tranquillo. Ancora per poco.
Elysia, un villaggio sperduto e tranquillo. Ancora per poco.

Il mio nome è Sorey
La guerra tra il regno di Hyland e quello di Rolance imperversa ormai da anni, accompagnata da carestia, epidemie e povertà: in tutto questo, la popolazione ha smesso di praticare il culto dei Serafini, mistiche entità legate ai fenomeni della natura, che un tempo convivevano con gli umani, garantendo la propria benedizione sul territorio. Ma tali figure non sono mai sparite del tutto, semplicemente le persone hanno perso la capacità di vederle ed interagire con loro.
Non a tutti, però, è toccata la stessa sorte: il nostro protagonista, Sorey, avendo vissuto in un villaggio di soli Serafini sin dalla tenera età, ha sviluppato, oltre all’amore per l’archeologia, tale abilità che a questo punto viene considerata fuori dal comune. Così, un bel giorno, esplorando delle antiche rovine assieme all’amico d’infanzia Mikleo, s’imbatte in una misteriosa ragazza umana svenuta all’interno del rudere e la soccorre portandola con sé ad Elysia.
Quell’incontro segnerà l’inizio dell’avventura che lo porterà a vestire i panni del Redentore, figura il cui compito consiste nell’estirpare la Malevolenza  dal mondo (sortilegio che nasce dall’animo umano e tramuta le persone in mostri comunemente conosciuti come Avernali) e magari porre un freno al conflitto tra i due regni.

Iniziare il gioco con l'esplorazione di un dungeon è cosa buona e giusta.
Iniziare l’avventura con un dungeon è cosa buona e giusta.

Una premessa narrativa dall’indubbio stampo classico che, tuttavia, in alcuni frangenti presenta spunti interessanti e risvolti piuttosto drammatici, in piena tradizione Tales. La trama inoltre, non è relegata alla sola quest principale, poiché per comprenderla appieno sarà necessario dilettarsi nello svolgimento delle tante missioni secondarie che, seppur condividenti una struttura piuttosto simile, sono dotate ciascuna di una propria storia da raccontare, aiutando a far luce sui vari background dei personaggi principali e sul mondo di gioco.
Personaggi la cui eccellente caratterizzazione spicca ancora una volta, grazie alle collaudatissime Skit, ormai uno dei marchi di fabbrica della serie: trattasi di scenette d’intermezzo attivabili con un tasto in determinate situazioni, le quali vedono i protagonisti parlare del più e del meno tra loro, spesso con argomenti basati sull’evento in corso oppure con semplici gag. Non mancano poi i colpi di scena, telefonati e non, in una storia che, tutto sommato, si segue piacevolmente, nonostante ci metta un po’ ad ingranare.

Le sequenze animate sono opera dei talentuosi ragazzi di Ufotable.
Le sequenze animate sono opera dei talentuosi ragazzi di Ufotable.

Tales of the (Open) World
La prima novità degna di nota che salta subito all’occhio (come se Bandai Namco non ce l’avesse già sbattuta in faccia durante mesi di trailer…) è la struttura degli scenari non più confinata a quella di semplici corridoi, ma ora sviluppata in macroaree, similmente a quanto visto in The Witcher 3.
Non un mondo completamente aperto quindi, ma che offre decisamente più libertà rispetto al passato e che tutto sommato si presta bene all’esplorazione, la quale assume un ruolo fondamentale nello sviluppo dei personaggi.
Avanzare di livello, infatti, non comporta un aumento delle statistiche, ma soltanto il guadagno di Punti Azione, reperibili anche esaminando i monoliti ed i punti d’interesse che s’incontrano durante il viaggio.
Essi andranno spesi nell’attivazione delle Azioni di Battaglia, sostanzialmente dei modificatori che permettono, ad esempio, di concatenare mosse o attivare precisi effetti sotto determinate circostanze.
Inoltre, durante il continuo peregrinare, sarà possibile imbattersi in Avernali particolarmente potenti (solitamente li si riconosce subito dalla stazza e dal fatto che non attaccano mai per primi), i quali una volta sconfitti garantiranno, assieme ad una buona quantità di esperienza e moneta, i Globi anomali necessari ad aumentare i PV massimi di tutto il gruppo.
Per il resto delle statistiche invece tornano le classiche piantine che ne aumentano permanentemente i valori ed ovviamente, perno centrale del sistema di sviluppo, l’equipaggiamento.

Nonostante il comparto grafico obsoleto, il gioco regala scorci apprezzabili.
Nonostante il comparto grafico obsoleto, il gioco regala scorci apprezzabili.

Siano armi o pezzi d’armatura infatti, ognuno di essi potrà essere ottenuto come bottino dopo un combattimento e comprenderà, in un set di massimo quattro slot, le più svariate abilità passive. Tali skill andranno ad intersecarsi su una griglia e, a seconda del posizionamento verticale od orizzontale e della quantità, potranno a loro volta attivare determinate abilità bonus.
La gestione dell’equipaggiamento assume così un ruolo fondamentale, costringendo il giocatore a compiere scelte ragionate su cosa tenere e cosa scartare, eliminando per buona parte quella tipica abitudine di cambiare componenti con una certa frequenza. Un sistema che inizialmente può risultare confusionario, ma che si rivela necessario alle più alte difficoltà e ben più accessibile una volta sbloccata la possibilità fondere gli oggetti ed influire sui drop tramite i privilegi offerti dal Dio della terra (Lord of the Land in inglese), ossia un Serafino assegnato ad un territorio che potrà godere della sua benedizione.

Passerete taaaanto tempo nella schermata dell'equipaggiamento.
Passerete taaaanto tempo in questa schermata.

Mazzate elementali
Come ogni Tales che si rispetti, anche Zestiria può vantare un battle system completamente action che non si discosta troppo da quello presente in Tales of Graces F e che quindi si sviluppa in ambito tridimensionale piuttosto che bidimensionale, potendo però vantare l’aggiunta di alcuni elementi distintivi: prima fra tutte è l’Armatizzazione, la quale permette a Sorey di fondersi con uno dei quattro Serafini al fine di ereditarne statistiche ed abilità.
Una volta armatizzato, gli attacchi, oltre a divenire più potenti, assumeranno l’elemento corrispondente a quello del Serafino con cui ci si è fusi, permettendo di far leva sulle debolezze dei nemici. Ma non finisce qui: le abilità, chiamate arti, suddivise in marziali, occulte e mistiche, richiamabili con il tasto apposito combinato ad una direzione dello stick, hanno un rapporto sasso/carta/forbici tra esse, rendendo quindi indispensabile utilizzare la tipologia giusta al momento giusto, al fine di annullare l’arte nemica o di impedire l’annullamento di una propria. Un sistema che aggiunge quel pizzico di strategia ai combattimenti e bandisce il cosiddetto button mashing, pur non privando le lotte della giusta frenesia.

Gruppo di nemici deboli al fuoco ? Fondetevi con Lailah ed iniziate il barbecue.
Gruppo di nemici deboli al fuoco? Fondetevi con Lailah e date inizio al barbecue.

A seconda della bravura del giocatore (fattori positivi possono essere il non-utilizzo di oggetti curativi, il raggiungimento di un certo numero di colpi consecutivi, l’utilizzo corretto delle arti mistiche e via dicendo) si verrà premiati con una determinata quantità di Gradi, ossia punti dalla duplice funzione: da un lato accumularli servirà ad aumentare la portata della benedizione del Dio della terra, ottenendo sempre più privilegi, e dall’altro essi verranno impiegati per attivare svariati bonus nella modalità Nuova partita+, sbloccabile una volta finito il gioco.
Gli unici due nei di cui posso far conto in un battle system dalle tante sfaccettature sono rappresentati dall’intelligenza artificiale dei compagni e dalla gestione della telecamera, entrambi derivanti dalla scelta degli sviluppatori di non generare un’arena apposita per i combattimenti, ma di iniziare lo scontro ovunque ci s’incroci con un nemico.
Il primo è un problema di poco conto che però a volte tende a farsi sentire (mi è capitato ad esempio che Mikleo rimanesse bloccato dietro un masso senza far nulla), fortunatamente risolvibile rapidamente tramite i comandi impartibili all’intero gruppo tramite l’analogico destro. Il secondo è un po’ più grave, poiché in ambienti ristretti la telecamera, che di default segue il nemico “lockato“, farà di testa sua e spesso non consentirà di godere appieno di quanto accade su schermo.

Di bestioni in Zestiria ne incontrerete tanti: vi ricorderete di ognuno di essi.
Di bestioni in Zestiria ne incontrerete tanti: vi ricorderete di ognuno di essi.

Retrogaming
Chiariamolo senza mezzi termini: il comparto grafico di ToZ è obsoleto. La sua povertà visiva è in parte data dalla natura di port da Playstation 3 (console su cui comunque si poteva fare decisamente di più) ed è un peccato vedere la direzione artistica di alcune location cozzare con il “vecchiume” di modelli poligonali, espressioni facciali che, seppur migliorate rispetto ai due Xillia, non convincono ed alcune animazioni legnose.
C’è da dire che su PC e console current gen il distacco dalla prima versione rilasciata si nota abbastanza, con texture in alta risoluzione, maggior diffusione dell’erba negli scenari all’aperto ed una distanza visiva migliorata. Componenti che tuttavia non bastano ad adeguarlo agli standard moderni, complice anche un design altalenante, specialmente per quanto concerne i dungeon, qualitativamente diversi tra primari e secondari.
Sul fronte audio invece non si può far altro che applaudire di fronte alla splendida colonna sonora composta da artisti del calibro di Go ShiinaMotoi Sakuraba, con pezzi variegati e sempre adatti alla situazione. Buono poi il doppiaggio anglofono/nipponico (con sottotitoli in italiano che però a volte presentano qualche incongruenza se si scelgono le voci giapponesi) e nella norma gli effetti sonori, anche se in alcuni insediamenti è presente il continuo borbottare della folla che potrebbe recare fastidio ad alcuni.
In definitiva, Tales of Zestiria pecca spudoratamente sul fronte tecnico, ma riesce a convincere appieno con un gameplay contornato da ottimi personaggi ed enfatizzato da una splendida direzione artistica minata da alcune discutibili scelte di design.

Se amate i JRPG, i Tales e più in generale, i giochi belli, fatelo vostro in versione digitale su Steam (49,99€) o in copia fisica su PS3 e PS4.

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