Pubblicato il 15/12/16 da Neko Polpo

Small Radios Big Televisions – Myst & LSD

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Small Radios Big Televisions è un titolo ambiguo, forse uno dei tanti esempi di come il medium dei videogiochi abbia, negli ultimi anni, spesso intrapreso un approccio esperienziale nel rapporto col giocatore: una componente di gameplay ridotta all’osso, per non dire inesistente, funge da pretesto per il racconto di una storia -dove il risultato lascia l’elemento di intrattenimento vero e proprio all’alchimia fra storytelling (o atmosfera, a seconda dei casi) e l’immersione suscitata dal controllo della telecamera.

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Con le sue atmosfere claustrofobiche e oniriche, Small Radios Big Televisions è un esordio ambizioso dei canadesi Fire Face -un titolo molto astratto che è ben descritto dall’espressione “Myst sotto LSD“: tecnicamente un punta e clicca, il gioco catapulta senza troppi fronzoli il giocatore dentro i corridoi e le stanze rimbombanti di complessi industriali e laboratori scientifici, alla scoperta di un mondo paradossale; colorato ma post-apocalittico, futuristico ma basato su supporti analogici e tecnologia anni ’80, il mondo di Small Radios Big Television ha (con le dovute proporzioni) lo stesso fascino dell’universo de La Torre Nera di Stephen King. È un mondo vuoto, popolato da strutture decadenti erette da una umanità scomparsa e riconquistate da una natura malata e ostile, che ricopre esteriormente edifici devastati da fenomeni magnetici.

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Al giocatore viene lasciato il silenzioso compito di muoversi in questo mondo finto 3D superando porte blindate e puzzle di fisica e logica, unici ostacoli in un gameplay abbastanza ridotto all’osso, alla ricerca di anacronistiche audiocassette -oggetti obsoleti in perfetta sintonia con l’estetica retrò che pervade l’intero gioco, in realtà densissimi supporti analogici capaci di suscitare vivide allucinazioni di interi mondi VR una volta inseriti in un normalissimo walkman. Mondi naif, infantili e monotematici come una passeggiata in un bosco o in riva al mare -probabilmente utilizzati come droghe o intrattenimento dagli umani scomparsi e ora unico luogo in cui trovare informazioni sull’accaduto e i codici con cui sbloccare i vari puzzle.

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La maggior parte del gioco segue le regole del canone punta-e-clicca (con l’aggiunta della possibilità di muovere l’occhio della telecamera): cliccare su una porta per procedere alla stanza successiva; cliccare su una audiocassetta per raccoglierla; cliccare su un elemento scenico per muoverlo negli occasionali puzzle di fisica, generalmente incentrati sul posizionamento di ingranaggi rotanti e il collegamento di cavi elettrici.

C’è poco da “fare” in Small Radios Big Televisions, salvo che farsi prendere per mano e perdersi nell’atmosfera anni ’80: glitch grafici e sonori costruiti ad arte si combinano con colori saturati che si impastano sulla retina per creare, assieme agli interni dall’architettura fantascientifica, un perfetto senso di spaesamento estetico. Si tratta di un gioco difficilmente definibile tale, dal gameplay elementare e non più di 3 o 4 ore di durata, più incentrato sul fornire una esperienza immersiva che una vera esperienza ludica.

premi_1premio

  • Buon uso della fisica nei puzzle

 

  • Gameplay quasi assente
  • Puzzle poco stimolanti

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