Pubblicato il 15/04/17 da Neko Polpo

Giga Wrecker – Una palla di immondizia per portare la giustizia

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Mi sono concesso qualche giorno di pausa, da quando ho finito Giga Wrecker, prima di scriverci su questo pezzo. A mente calda, appena dopo il boss finale, avrei scritto solo un sacco di cattiverie. Ho fatto il poliziotto buono con Game Freak ai tempi di Tembo The Badass Elephant, ma ora mi tocca fare quello cattivo. Questo non mi piace. Detesto parlar male di un gioco in forma di recensione, detesto lo spreco di buone idee, detesto quel feeling deprimente mentre butti giù una sfilza di cattiverie e ti chiedi cosa è andato storto. Ma forse è meglio partire dall’inizio.

Giga Wrecker è un puzzle-platform per PC sviluppato da Game Freak; sì, proprio quelli che Nintendo ha tenuto incatenati al boiler per sfornare Pokémon senza tregua. A prima vista può sembrare il classico metroidvania in cui si pestano robottoni, ma rivela presto la sua natura più orientata ai puzzle.
Il gioco è ambientato in un Giappone futuro invaso da robottoni malvagi che hanno catturato o ucciso gran parte della popolazione. Uno degli umani sopravvissuti è Reika (capito? Perché suona un po’ come la parola wrecker), una povera ragazzina sbattuta in prigione ad aspettare la morte. Un giorno viene visitata da un’altra umana che, invece di aiutarla a evadere, le spara e l’abbandona morente. Quando tutto sembra perduto, Reika viene salvata da uno scienziato che, pur di farla sopravvivere, la trasforma in un cyborg, usando pezzi raccolti dai robot. Ora decisamente più potente di qualunque soffice essere umano, Reika decide che è il momento di contrattaccare.

La trivella che ho lanciato in alto staccherà il blocco dal soffitto e potrò correrci sopra prima che venga distrutto dalle lame. Semplice e ingegnoso, quando funziona bene…

Reika ha un’abilità fondamentale, quella di manipolare i detriti dei robot distrutti e accumularli in grosse palle di immondizia. Per la precisione magnetizza le nanomacchine contenute nei robot, un’importante distinzione. Quest’ultime sono visibili come un liquido giallo che schizza spesso anche sul terreno, rendendo possibile accumulare anche pezzi di scenario come detriti, se cosparsi di nanomacchine. Le palle di immondizia sono la sua arma principale: si possono sventolare crudamente come mazze ferrate o trasformare in altre armi alla pressione di un tasto.
Come ho detto, però, il gioco è principalmente orientato ai puzzle e i poteri di Reika vengono utilizzati più per quello che per combattere. La quantità di meccaniche è molto ampia: Reika di suo può trasformare i detriti in spade (con cui affettare il terreno), lance (da usare come piattaforme), trivelle e… semplici cubi. A questo si uniscono una caterva di ostacoli ed elementi ambientali, dai classici laser da ri-direzionare a bizzarre anomalie che congelano nel tempo qualunque cosa tocchino. Non dimentichiamo il terreno stesso: si può distruggere a piacimento, far crollare, scolpire, ruotare, farne un’altalena usando i blocchi come pesi, chi più ne ha più ne metta.

Queste strane anomalie rosse bloccano sul posto qualunque elemento fisico tocchino. Utile per creare piattaforme. Certo, ammesso che il terreno cada correttamente…

Se c’è una cosa che posso dire è che in Giga Wrecker abbondano le idee, anzi, sono un po’ troppe. Dalla seconda metà del gioco ogni singola stanza richiede sostanzialmente di scorrere a mente la lista delle diecimila meccaniche, per poi applicare quell’unica che, inevitabilmente, vi siete dimenticati. L’obiettivo finale del puzzle è, di solito, abbastanza evidente: attivare un interruttore a pressione, raggiungere un punto elevato manipolando l’ambiente, raccogliere abbastanza detriti da raggiungere la massima palla di immondizia, cose così. Il problema è più che altro capire cosa fare, o meglio, come farlo correttamente.

Non credo proprio di aver risolto questa stanza nel modo giusto. Ho dovuto incastrare un blocchetto extra, creato da me, al centro del terreno, pur di arrivare in cima.

Il che ci porta alla piaga principale di Giga Wrecker: tutti i puzzle sono basati su un motore fisico. Avete capito bene, un puzzle-game in cui il terreno si può distruggere a piacimento utilizza un motore fisico che lo fa volare in modi imprevedibili.
Potrei chiudere la recensione qui. Non c’è altro da dire, è il peccato numero uno di qualunque puzzle game e affligge l’intero gioco, dalla prima all’ultima schermata. Invece continuo. Dovete comprendere appieno i picchi di frustrazione con cui ho avuto a che fare.
Uno dei problemi più comuni è il terreno stesso: spesso bisogna tagliare o far crollare pezzi di scenario in modo che formino piattaforme su cui camminare. Grazie al motore fisico, questo è estremamente inaffidabile. Nove volte su dieci il terreno cade male, in modo diverso dal previsto, e continua a rotolare sempre più fuori posizione. Per distruggere il terreno bisogna colpirlo con l’attacco corpo a corpo, le cui collisioni sono piuttosto sospette e variano in base a quanta immondizia abbiamo in mano. Ah, e l’ho detto che colpire il terreno, oltre a romperlo, lo fa anche volare? Non poco, tipo dall’altra parte dello schermo. Ciliegina sulla torta, le collisioni con il terreno sono calcolate in modo procedurale (ovviamente, visto che può essere ruotato in mille modi) e generalmente molto male. Si può camminare attraverso blocchi spessi trenta centimetri e cadere dritti nel pavimento perché inclinato mezzo grado di troppo. Un disastro.

Buona idea: ri-direzionare il laser facendolo riflettere sul terreno. Cattiva idea: usare un blocco sospeso dai cavi, da spaccare a botte e che dondola fuori controllo al minimo tocco.

I detriti sono instabili tanto quanto il terreno. Volano ovunque e si incastrano quasi sempre nell’ambiente, rendendo alcuni puzzle impossibili: se l’obiettivo è ottenere una palla di immondizia di una certa dimensione e quell’unico detrito che manca si è incastrato in un angolino… beh, è finita. Si resetta la stanza e si riprova daccapo.
Distruggere i robot fa volare pezzettoni ovunque, un effetto molto carino, certo, ma i detriti restano sul pavimento come oggetti solidi. Con collisioni. Non si possono raccogliere ne spostare in alcun modo. Sapete cosa succede se un blocco deve cadere in un certo punto, ma, per puro caso, un pezzo di robot gli impedisce di passare? Bisogna resettare la stanza, sperando in un dio che ci odia che i pezzi, lanciati a caso, non impediscano al terreno, che cade a caso, di cadere, per caso, in modo sbagliato. Ho detto “caso” troppe volte? Moltiplicatelo per cento e avrete la quantità di cose che succedono per caso in Giga Wrecker.

Questa singola stanza mi ha fatto quasi scegliere di non completare Giga Wrecker. Basta tagliare la corda destra e il blocco scivola dolcemente sul pulsante, no? Ovviamente no.

Io non capisco come sia possibile rovinare un’idea così interessante con uno strafalcione così amatoriale. C’è un motivo se Portal aveva pochi elementi mobili dalla fisica ben precisa, si chiama “ottenere risultati ripetibili”, l’essenza del puzzle game. Come posso sperare di risolvere un enigma se sperimentare con lo scenario mi dà risultati sempre differenti? Una grazia, un singolo fattore positivo in tutto ciò, è che il motore fisico è così instabile, dalle imprecisioni così abusabili, che si possono risolvere i puzzle anche inventandosi la soluzione di sana pianta. Più di una volta ho saltato intere sequenze abusando delle lance-piattaforma o incastrando di proposito i detriti sui pulsanti per poi attirarli a me, in modo da applicare la pressione massima senza usare i blocchi. È rotto fino a questo punto.

Dopo circa un’ora e mezza di tentativi e numerosi abusi di glitch sono riuscito finalmente a farlo arrivare sul pulsante. Notare il minuscolo pezzo di robot, nell’angolo in basso a destra, che ha quasi impedito al puzzle di funzionare correttamente alla fine. Ci ho aggiunto un mio blocco extra purché riuscisse.

Dal lato del combattimento, le cose sono messe meglio, ma di poco. In sostanza, ogni nemico, per essere danneggiato, va colpito con una palla di immondizia delle sue stesse dimensioni. Un principio semplice, comprensibile e generalmente di facile esecuzione: quando si hanno abbastanza detriti in mano, i nemici diventano blu ad indicare che possono essere distrutti.
Dove la cosa diventa problematica è il versante boss. Generalmente sono abbastanza creativi, visivamente, e seguono le stesse regole del normale combattimento: contrattacca i suoi attacchi, accumula detriti fino alla dimensione giusta, colpisci. Il problema è nell’esecuzione.
I boss non fanno altro che ripetere lo stesso, identico pattern alla nausea. Nella prima metà del gioco, perlomeno, passano a un pattern più difficile a un terzo di salute; nella seconda metà, invece, hanno solo il pattern difficile e lo ripetono all’infinito. In una parola sola, sono pallosi. Bisogna ripetere lo stesso pattern fino ad avere abbastanza detriti per colpirli una singola volta, di solito servono due, spesso tre “cicli” per arrivare alle giuste dimensioni e vanno colpiti sei volte in totale! Aggiungiamoci che, a casaccio, tirano fuori un attacco che spazza via tutti i detriti dallo schermo, costringendoci a riniziare daccapo. Pestano pure durissimo e si muore facilmente. Sommando tutto questo, per un singolo boss è sicuro che vedrete lo stesso identico pattern almeno 108 volte. Sono divertenti, per i primi cinque minuti; dopo un’ora iniziano a tritare un filino i gioielli di famiglia.

Ho questo specifico attacco stampato nel cervello. A volte mi sveglio sudato, nel cuore della notte, e devo ricordare di essere in un posto migliore.

Insomma, niente da salvare? Beh, esteticamente è molto carino, abbastanza ispirato nel design di ambienti e personaggi, soprattutto i robot. Perde un po’ di punti per le animazioni in tween che fanno molto gioco in Flash, ma alla fine è gradevole alla vista. I colori acidi sono interessanti, anche se a volte impestano l’immagine con un po’ troppi dettagli a schermo. Colonna sonora piacevole, anche se composta da pochi brani; gradevole sul momento, ma dimenticabile. Quanto dimenticabile? L’ho già dimenticata.

Da quando ho iniziato a scrivere per Pixel Flood, raramente ho trovato un gioco che mettesse così a dura prova la mia pazienza. Giga Wrecker ha delle buone idee, alcuni puzzle sono genuinamente geniali e meriterebbe di essere più piacevole di quanto è, ma è rovinato dalla singola, sbagliatissima idea di implementare un motore fisico in un puzzle-platformer. Davvero un gran peccato. E io che in questo gioco ci speravo pure, santo cielo…

PALLA DI IMMONDIZIA

  • Buona idea alla base
  • Tantissime meccaniche per i puzzle
  • Stile grafico accattivante

 

  • Il motore fisico porta alla violenza
  • No, sul serio, non capisco.
  • Perché la fisica, perché?

NekoPolpo - Biografia

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